Omelia contro lo spaccio della droga, aggredito il parroco di Bonifati
Aveva denunciato con parole chiare e ferme nell’omelia della messa domenicale “le difficoltà e le ferite sociali” della piccola comunità affidata alle sue cure spirituali, don Guido Quintieri, giovane parroco di Bonifati, comune di poco più di 1.500 anime del cosentino. Parole coraggiose contro il dilagare del fenomeno dello spaccio di droga, risultate però poco gradite da chi lo ha aggredito sul sagrato della chiesa. Una vicenda che non avrebbe avuto ulteriori conseguenze solo per l’intervento di alcune persone presenti ma che ha comunque creato sconcerto. Le indagini sono state avviate dai carabinieri.
A fianco del sacerdote si sono schierati il vescovo della diocesi di San Marco Argentano-Scalea monsignor Stefano Rega e l’intera comunità di presbiteri. “La voce di don Guido – è scritto in una nota della diocesi – si è levata contro l’indifferenza e il silenzio, richiamando tutti alla responsabilità, alla solidarietà e al rispetto della dignità di ogni persona. Esprimiamo piena solidarietà a lui e alla comunità parrocchiale, manifestando vicinanza e sostegno in questo momento di prova”. La diocesi esprima condanna per “ogni forma di violenza” e richiama “il valore irrinunciabile della pace e della concordia” rammentando “che ogni gesto, ogni parola, ogni azione deve essere seminatrice di riconciliazione e di speranza. Continuiamo a camminare insieme come comunità che crede nella forza del Vangelo e nella luce della carità”.
Alla sua comunità parrocchiale ha inteso rivolgersi lo stesso don Guido, esortando tutti “a non ‘farci rubare la gioia. Ribadisco l’invito innanzitutto alla comunità parrocchiale di Bonifati che ringrazio per la vicinanza e solidarietà espressami in tutti i modi. Una comunità che sa comprendere le fragilità di chi, purtroppo si è lasciato vincere dalle dipendenze, per questo ciò che conta oltre alla denuncia di questi mali, per chi crede, è la preghiera, prima fra tutte l’Eucarestia che intendo celebrare proprio per colui che, non consapevole del gesto, si è lasciato vincere dalla violenza causata da questi mali endemici. Abbiamo bisogno di gesti concreti di speranza, perché essa ‘va organizzata’ come ci ha insegnato Papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo che stiamo vivendo. E sono convinto – ha detto ancora il sacerdote – che il primo gesto concreto per organizzarla è il perdono. Non dobbiamo avere paura di nascondere le nostre fragilità per timore che venga rovinata la reputazione di un luogo, ma saperle riconoscere e cercare di curarle con l’impegno di tutti, nessuno escluso”.